Per Yannick Guyomarc'h la Dakar è in solitario

Per Yannick Guyomarc’h la Dakar è in solitario

Yannick Guyomarc’h è uno dei personaggi di questa Dakar 2014. Ha il numero 118 sulla sua Yamaha ed è completamente solo. Non ha assistenza, non ha un camion, un furgone, una macchina che si occupino di lui. Viaggia solo e si assiste da solo. Al seguito ha due casse – caricate sul camion casse dell’organizzazione – e due pneumatici.

Va in moto da quando aveva 12 anni, è la sua passione, insieme al rugby, che ha giocato a livello amatoriale ma che ora pratica suo figlio. Per lui si tratta della nona Dakar e ne ha finite tre sulle otto già affrontate negli anni passati. “Ma in due occasioni ho rotto la moto al penultimo giorno”, dice. Tre le ha corse in Africa e sei, contando anche quella che si sta svolgendo attualmente, in Sud America, quindi praticamente tutte quelle organizzate dal 2009 ad oggi.

“Arrivare in fondo è la cosa più importante, soprattutto quando sei completamente solo. E’ l’unico obiettivo. Certo, potendo si potrebbe pensare ad ottenere un bel risultato, ma quando sei solo quello che conta è arrivare in fondo”.

Correre da soli, senza assistenza, è una scelta?

“Sì, è assolutamente una scelta. All’inizio no, alla mia prima Dakar non avevo abbastanza soldi e quindi l’unica possibilità per partire era venire da solo, stando molto attento a tutto quello che spendevo. Nel 2007 l’ho finita, senza assistenza ed una volta che la finisci, da solo, senza l’aiuto di nessuno è un qualcosa in più…Non torni più indietro”.

Poi ripensa all’amico perso pochi giorni fa, “privatone” come lui, Eric Palante…

“Eric lo diceva sempre, è quel qualcosa in più che gli altri non possono capire, ed è vero”.

Però ci sono gli aspetti positivi e quelli negativi…

“Certo, è molto più dura, direi quasi al limite umano. E lo è ancora di più adesso, perchè la Dakar va veloce, la selezione dei piloti ogni anno aumenta e per questo ci sono piloti sempre più rapidi, e la Dakar va avanti, progredisce”.

L’anno scorso c’eri, come ti è sembrata quella gara?

“C’ero ma ho rotto la moto il terzo giorno. E’ stato incredibile, ho sofferto davvero tantissimo perchè era una cosa che non mi era mai accaduta prima. Mi è sembrato quasi di non aver neanche vissuto la Dakar. In tutte le altre edizioni, anche in quelle in cui avevo rotto all’ultimo giorno era stata una sofferenza diversa”.

Non eri neanche uscito dal Perù nel 2013, una ragione in più per voler arrivare a tutti i costi alla fine quest’anno…

“Soprattutto quando hai faticato tanto, e quest’anno sto davvero faticando tanto, non puoi neanche pensare di fermarti. Non ho fatto tutto questo per niente, ti ripeti, e questo ti aiuta ad andare avanti”.

Al traguardo arrivi spesso di notte…

“Sì, la maggior parte delle tappe le ho finite di notte, con il buio, quantomeno. Ma tutto è partito dall’inizio. Le cose sono cominciate male fin dal primo momento. Il primo giorno la moto ha fatto una cosa strana. Avevo l’impressione che scaldasse, più del dovuto, e il secondo giorno sono andato piano, aspettando che il motore si raffreddasse. Ho diviso la mia acqua con la moto. Ho smesso di bere per mettere l’acqua del mio camel back nella moto e proprio per questo ho avuto un colpo di calore. E alla sera, quando sono rientrato al bivacco, mi hanno detto che avevo bruciato la testa e l’unica cosa che potevo fare era cambiare il motore”.

Secondo giorno di Dakar e già un motore da cambiare…

“Per fortuna ne avevo uno, e solo uno, con me. Ma ero cotto, non avevo bevuto per tutto il giorno, mi muovevo lentamente e non ero lucido (tutto ciò accadeva al bivacco di San Rafael). Ho lavorato un po’, ma malissimo, e alle 2 e mezza di mattina due amici sono venuti a vedere a che punto ero e mi hanno detto che non ci sarei mai riuscito. “Tra tre ore devi partire – mi hanno detto – e non hai ancora smontato il motore vecchio per metter su quello nuovo. Non ce la farai mai. Tieni questo e riparti con lo stesso motore”. Mi sono sentito morire. Avevo fatto tutto per niente. Ho rimontato tutto quello che avevo già smontato sul vecchio motore, ma al momento della mia partenza non avevo ancora finito. Allora sono partito, ho preso la tabella e poi subito fuori dal controllo orario mi sono fermato e ho continuato a lavorare sulla moto. Sono partito un’ora e venti dopo”.

E funzionava?

“E’ proprio questo il buffo. Abbiamo fatto un tentativo perchè parlando con diversi meccanici mi hanno detto che poteva essere un problema derivante dal tappo del radiatore che non andava bene. Ed effettivamente l’ho cambiato e tutto si è sistemato”.

Ma ti piace questa Dakar?

“Ah sì, mi piace moltissimo, questa è una vera Dakar! – risponde senza esitare – ragione di più..”.  

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